giovedì 25 agosto 2016

Dischi d'ascoltare (almeno) una volta nella vita: Souvenirs dei The Gathering

(Recensione di Souvenirs dei The Gathering)


Correva l'anno 2003 e vivevo a Madrid. In quei anni mi sono tolto parecchie soddisfazioni per quanto riguarda i live e quando ho saputo che gli olandesi dei The Gathering avrebbero fatto tappa nella capitale spagnola non ho dubitato neanche due secondi nell'andar a vederli. Mai scelta è stata più giusta. Le due ore di concerto sono state un rito collettivo operato in perfetta sintonia. Ricordo che per qualche secondo ero riuscito a distogliere lo sguardo dal palco scenico per girarmi. Quello che ho visto è stato un insieme nutritissimo di persone rapite dalla musica che in modo naturale riproducevano col proprio corpo il ritmo e la dinamica di quello che veniva suonato. Sono passati 13 anni e continuo a ricordarlo come se fosse ieri. I The Gathering presentarono, in quel concerto, il loro settimo disco: Souvenirs. Non avevo mai sentito alcun brano di quel lavoro e dopo la fine del concerto, avendo recuperato la consapevolezza di essere sveglio, mi sono precipitato al banchetto dove lo vendevano e l'ho acquistato. Nei giorni successivi, o settimane, o mesi, non riuscivo a fare a meno di ascoltarlo e riascoltarlo. Quell'ora di musica era un compendio di emozioni, di momenti, di sfumature. Certe canzoni mi emozionavano, altre mi davano una carica unica. C'erano momenti d'introspezioni ed altri di urla. C'era tanta, ma tanta, bellezza ma, nello stesso tempo, tanta forza. Adesso sono qua per raccontarvelo.



Souvenirs è il primo disco autoprodotto dalla band olandese e personalmente rappresenta il punto più alto della loro carriera. E' un nuovo passo in avanti nella direzione che era già abbastanza chiara nei due dischi precedenti, How to Mesure a Planet? del 1998 e If Then Else del 2002. Cioè l'abbandono del metal come componente principale della musica della band per addentrarsi in acque molto indefinite che spesso vengono catalogate come alternative rock. La bellezza di questo percorso è che non c'è band al mondo che sia riuscita ad esprimersi come i The Gathering. Banalmente quello che salta all'orecchio è la bellezza della voce di una delle cantanti più carismatiche del rock: Anneke Van Giersbergen, l'utilizzo sperimentale della chitarra di René Rutten e le ampie contaminazioni elettroniche di Frank Boeijen. Facile da replicare! Basta avere una cantante con una bella voce, un chitarrista che ama perdersi tra gli effetti e un tastierista che abbia masticato gli anni 90 soprattutto nella corrente Bristol. Ed invece non è così, perché questo disco è molto altro, è un'opera corale dove gli altri due strumenti presenti: basso e batteria sono fondamentali e chiudono perfettamente il cerchio. 



L'aspetto inimitabile di questo disco, che lo fa stare un gradino sopra a tutto il resto della bellissima discografia dei The Gathering, è la convergenza di sforzi e la sperimentazione sonora. Certe cose di apprezzano meglio con le cuffie e questo è un disco da ascoltare così. In questo modo si apprezzeranno a pieno le modifiche sonore alle quali sono soggetto tutti gli strumenti in diversi punti. Even the Spirits are Afraid è un esempio perfetto. La seconda traccia del disco si apre con una linea di batteria che a cicli alterni vede il rullante secco o pieno di reverb.  Non sono semplici sfumature ma è la costruzione di un lavoro intenso dove "il suono" ha un protagonismo unico. Il basso viene distorto quando deve riempire in un certo modo, la chitarra è una montagna russa di effetti che vanno e vengono, le tastiere sono oscure, intense e degne del miglior gruppo di trip hop e la batteria è versatile, quasi jazzistica in certi punti e non è mai banale. Una costruzione sonora sulla quale la voce della Van Giersbergen ha tutto lo spazio per divertirsi senza fuggire, però, a essere modificata quando è necessario. 



Souvenirs è intenso. Si apre con These Good People è si capisce subito che è un disco diverso da tutto quello che la band ha fatto fino ad allora. Basta pensare che la chitarra sembra sommersa, quasi inesistente, ed invece c'è pronta a guarnire al meglio il piatto presentato. 
Di Even the Spirits are Afraid ho già parlato per via del lavoro sulla batteria ma bisogna aggiungere altre parole perché siamo di fronte ad uno dei migliori brani del disco. E' un trip da lucidi, è una galleria di luci che ci circonda, è spettrale e psichedelico, è un crescendo che esplode con un riff squisito di chitarra, insomma: una meraviglia.
La bellezza ci viene regalata dai prossimi due brani Broken Glass e You Learn About It. Nel caso della prima è una bellezza nostalgica, di sorrisi alla distanza, di ricordi. La seconda è forse la canzone più pop del disco ed è il momento di regalare il protagonismo alla cantante. E' un brano che innamora. 
Andando avanti Monster rappresenta il momento più forte e diretto del disco. Basso e chitarra si divertono tra distorsioni e riff ripetitivi. 
Jelena invece è devastante. Ha il downtempo del doom senza esserlo per niente e fa capire che custodisce un messaggio personale prezioso. 
Ultimo brano da consigliare: la ghost track chiamata A Life All Mine. Cantata insieme a Kristoffer Rygg degli Ulver è l'unica canzone dove l'elettronica ha il protagonismo ed il contrasto dei registri delle voci fa di questo brano un regalo, un plus meraviglioso che dona un'altra sfumatura ad un disco perfetto.
Vi lascio scoprire da soli gli altri brani.

Souvenirs è un disco che dimostra che suonare non è soltanto avere il controllo del proprio strumento ma sapere che limiti oltrepassare. E' un disco meraviglioso costruito come si progetta e costruisce una casa. E' un disco pieno di sfumature che regala ad ogni ascolto nuove letture e che, alla distanza degli anni, continua ad emozionare. I The Gathering non sono mai stati così brillanti ed unici. Servono tanti altri dischi come questo per rapire tanti altri pubblici. 

Voto 10/10
The Gathering - Souvenirs
Psychonaut Records
Uscita 24.02.2003

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