mercoledì 30 novembre 2016

Klimt 1918 - Sentimentale Jugend: disegnare in mezzo alla nebbia

(Recensione di Sentimentale Jugend dei Klimt 1918)


""Stupenda e misera città 
che mi hai fatto fare esperienza
di quella vita ignota: 
fino a farmi scoprire ciò che, in ognun, 
era il mondo."


Credo che ci sia una stretta relazione tra la musica e le arte visive. Credo che, così come un fotografo sceglie le luci migliori per plasmare in un fotogramma le proprie idee di arte, e un pittore sceglie i colori da utilizzare per dipingere le sue opere, che devono avere una coerenza corale, anche i musicisti scelgono certe vie che potrebbero tranquillamente tradursi in un certo tipo di immagini. Ci sono dischi pieni di luce e colori, quasi in modo esagerato, ed altri in bianco e nero dove l'unica sfumatura possibile e quella del grigio. 

Sentimentale Jugend


8 anni sono tanti e sicuramente hanno un peso molto specifico nella vita di ognuno. Nel caso dei romani Klimt 1918, e giudicando il loro nuovo lavoro Sentimentale Jugend, questo periodo si traduce in due aspetti principali: l'ambizione e l'evoluzione. Per quanto riguarda la prima l'accezione deve essere obbligatoriamente positiva. La loro forma d'ambizione si traduce in questo doppio disco monumentale che, complessivamente, tocca quasi le 2 ore e ci regala 19 tracce. Questo ci fa capire che 8 anni lasciano spazio a un sacco di idee che si traducono in composizioni. L'evoluzione, invece, viene rappresentata dai nuovi orizzonti musicali che la band ha deciso d'intraprendere. In tutti casi questa nuova direzione è un'aggiunta e non un nuovo inizio. La loro impronta rimane sempre fedele ma la loro sonorità diventa molto più eterea. Sentimentale Jugend è un disco che arriva come un soffio di vento improvviso. E' delicato, quasi spettrale, e s'impregna ai nostri corpi come la nebbia. Per quella necessita di diversi ascolti, perché ogni nuova riproduzione permette di addentrarci non nei messaggi della band ma proprio nell'estetica e nella sensazioni di questo nuovo disco. Infatti credo che la chiave stia proprio lì: i Klimt 1918 sono più costruttori di emozioni che di canzoni. Potrebbe sembrare una critica ma non lo è perché una canzone è qualcosa di limitato e chiuso. Piace o non piace, te la ricordi o meno, ma è un micro mondo che convive con tanti altri. Un'emozione, invece, è molto più importante perché diventa il riflesso di uno o più momenti particolari della nostra vita, e non è possibile sfuggirne.

Sentimentale Jugend


Andando più nel "tecnico" l'etereo che sottolineavo come nuovo elemento presente in questo Sentimentale Jugend si traduce in un avvicinarsi ad un genere così ricco di sentimenti come lo shoegaze. Infatti il lavoro delle chitarre e l'effettistica alla quale è sottoposta la voce possono tranquillamente essere associate a questo genere. Ampi riverberi che regalano spazialità ma anche quella sensazione di voci sussurrate che arrivano alla testa non per caso ma perché la natura ha voluto che ci arrivassero. In tutti i casi non bisogna pensare che questo nuovo lavoro dei Klimt 1918 sia soltanto, e semplicemente, un disco shoegaze. Nella loro musica c'è sempre quell'insieme di elementi che ne costruiscono la propria personalità. C'è della new wave, ci sono elementi post rock e tutta un'altra serie di sfumature "rubate" a quel calderone, quasi infinito, chiamato alternative rock. Ma è qua che entra in gioco la parte visiva. Sentimentale Jugend è un lavoro in bianco e nero. Occhio però, perché il trucco non è quello di utilizzare solo queste tue tonalità ma quello di "filtrare" i colori per avere questo risultato. E' compito dell'ascoltatore meravigliarsi con tutte le soggezioni che immagini del genere sanno regalare. E' compito dell'ascoltatore colorare a proprio piacimento questa serie di scatti, perché, in fondo, il mondo non è mai stato in bianco e nero.

Sentimentale Jugend


Che colore ha la nebbia? Bianca, grigia, trasparente? Io non lo so. Ma so che ritrovarsi in mezzo è sempre affascinante. I nostri sensi si esaltano perché le cose vengono svelate piano piano e quasi a sorpresa. Questo disco è così. Sembra piatto e monocorde ma sorprende improvvisamente con fraseggi molto ben riusciti, con ritmiche energiche che si contrappongono alla parte melodica più eterea. E come capita con un paesaggio che conosciamo molto bene ad ogni nuovo ascolto, e dunque ad ogni nuovo "ingresso" in questo banco di nebbia, aggiungiamo nuovi elementi al nostro quadro, a quello che sappiamo che c'è. Soltanto quando il quadro è completo dalla parte visiva passiamo a quella emotiva e questo Sentimentale Jugend è "capito".

Klimt 1918


La divisione dei due dischi non è affatto casuale ed è molto coerente col titolo. La prima è Sentimentale regalando dei brani più distesi, riflessivi ed intimi. 
La seconda è giovanile, dunque più energica, spensierata e spontanea. In tutti i casi questo secondo disco ha una capacità narrativa molto importante. E' il racconto di una giovinezza di altri tempi impregnata, dunque, di nostalgia. 
Personalmente credo che la prima parte sia più "difficile" e necessiti di più ascolti per essere compresa fino in fondo. La seconda, invece, è più diretta. Si insinua molto più velocemente e rimane più impresa. Due anime che convivono dentro allo stesso corpo.
Vi lascio quattro brani che, secondo me, danno un po' la dimensione di questo lavoro. Ho scelto uno del primo disco e tre del secondo. 
Comandante è il primo. E' in questo brano che si sente fortemente la contrapposizione tra l'etereo ed il terreno. Voce e chitarra sono sussurri nella notte, basso e batteria sono martellanti come il nostro proprio cuore.
La mia seconda scelta è Sant'Angelo (The Sound and the Fury). Azzardo a dire che questo brano avrà un background importante e molto personale che si traduce in una canzone piena di nostalgia di un tempo passato ma anche dell'energia di raccontare quel periodo o quel luogo. 
Terza scelta: Resig/Nation. L'arrangiamento dei fiati dona maestosità ad un brano che tocca una tematica presente in altre canzoni di questo lavoro, cioè la relazione della band con l'Italia. E' poeticamente rabbiosa.
Ultima segnalazione: Stupenda e Miserabile Città. E' il brano di chiusura ed utilizza una poesia scritta da Pier Paolo Pasolini, Il pianto della scavatrice. Ingloba tutta una serie di elementi che costruiscono la musica dei Klimt 1918: Roma, il passato, l'amore viscerale, il degrado e l'importanza dell'unicità. Una perla.



Sentimentale Jugend è un disco in bianco e nero che regala un'infinità di giochi di luce ed ombra dove il grigio va decontestualizzato perché in realtà è tutto un altro colore. E' un disco che canta con occhi lucidi un passato che si scontra con una crudele realtà per dare uno spiraglio si speranza. I Klimt 1918 sono tornati con l'ingannevole capacità di costruire un disco che potrebbe sembrare semplice e scontato ma che, in realtà, è molto profondo.

Voto 8,5/10
Klimt 1918 - Sentimentale Jugend
Prophecy Productions
Uscita 02.12.2016

lunedì 28 novembre 2016

Stone Ship - The Eye: può essere il doom progressivo?

(Recensione di The Eye degli Stone Ship)


E' sorprendente come il passato sia molto presente nella vita di tutti i giorni. Ed è un bene, perché soltanto guardando indietro è possibile andare avanti. Ci sono insegnamenti che abbiamo preso da vecchie civiltà ed altri che, ahimè, sono andate perse e dimenticate nel tempo. Sono questi insegnamenti a farci capire essenzialmente due cose, la prima è che in passato sono state fatte delle cose che non riusciamo a spiegarci, la seconda è che l'uomo, come essere vivente, è così stupido a sotterrare valide lezioni dal passato.

La band che vi presento quest'oggi viene dalla Finlandia ed è molto legata al passato. Basta leggere il proprio nome, Stone Ship, per avere il collegamento con tempi passati dove le sepolture di certi paesi, soprattutto nordici, si facevano disegnando delle vere e proprie navi di pietra. Ma il collegamento con altri tempi nella vita di questa band tocca molte più direzioni. Partiamo dalla parte musicale. La loro sonorità è facilmente avvicinabile a quella della prima ondata di gruppi doom anche se, vedrete, il loro modo d'interpretarlo differisce da quello. Diciamo che le scelte sonore, soprattutto per quanto riguarda chitarra e voce , ci riportano indietro nel tempo di almeno 40 anni. Dalla parte lirica ed estetica, invece, c'è una chiara strizzatina d'occhio alle culture che popolavano il Nord Europa secoli fa.

The Eye


Come vi dicevo, è inesatto associare la musica presente in The Eye, primo LP degli Stone Ship semplicemente al doom. Questo perché c'è un aspetto fondamentale che donna un nuovo sguardo al discorso musicale della band. Quest'aspetto non è altro che la tipologia di brani scritti che compongono questo disco. Sono soltanto due e la loro durata supera i 20 minuti. Solo due tracce, lunghissime. Solo due tracce che fanno aggiungere un secondo aggettivo alla musica della band finlandese. Cioè quello di progressive. Intendiamoci, la parte progressiva non ha a che fare con ritmi composti di difficile esecuzione o con strutture irregolari che richiedono un grande virtuosismo. No, la sua giustificata presenza risponde alla durata dei brani ed al fatto che le canzoni di questo lavoro abbiano uno sviluppo lineare che la band stessa associa alla propria voglia di inserire l'improvvisazione come elemento essenziale nella composizione. La particolarità, molto piacevole, è che la "monumentalità" di questi brani suona molto coerente, e anche se la durata delle due canzoni che compongono The Eye è molto importante non si sente alcuna forzatura o esagerazione ed i brani scivolano via con naturalità e coerenza.
Musicalmente, dunque, siamo di fronte a quello che possiamo definire come progressive doom e nel caso degli Stone Ship altre sfumature saltano fuori regalando un ascolto meritato. Il lavoro del basso è notevole, costruendo delle linee che spesso sorreggono i restanti strumenti con grande personalità. Sono linee che confinano col mondo psichedelico e che saltano subito all'orecchio. Infatti, strumentalmente, la band ha tutte le caratteristiche di un power trio, cioè l'energia e la sinergia tra i tre strumenti cardini del rock, basso-batteria-chitarra. Questa è la base sulla quale adagiare la voce, anche questa presa da altri tempi, infatti potremmo definirla come una voce anni 80 che non si preclude all'utilizzo di qualche acuto in falsetto oltre al lavoro di spessore che realizza in tutte le restanti parti.

The Eye è uno di quei classici lavori che sembrano appartenere ad un'altra epoca ma, nello stesso momento, che raccontano qualcosa di nuovo. La scelta sonora ricorda tanto quella di quattro decadi fa, ricercando, volutamente, sia con gli strumenti che con la voce, le caratteristiche che hanno fatto diventare celebri gruppi come Black Sabbath o Candlemass. Ma d'altro canto c'è questa voglia di sviluppare il discorso musicale in un modo assolutamente inedito, cioè allungando al massimo ogni brano in modo di far diventare i brani dei discorsi complessi e sviluppati orizzontalmente. Personalmente gradirei qualche aggiunta in più di elementi moderni ma l'idea dietro agli Stone Ship mi sembra molto valida.

Stone Ship


Come detto i brani che compongono questo lavoro sono due. S'intitolano The Ship of Stone e The Crooked Tree
Il primo inizia con una linea piacevolissima di basso per poi dare spazio ad una marcata ritmica doom che da spazio a parti strumentali ed altre cantate senza mai calare eccessivamente il livello energico. Infatti è quello il punto che più sorprende, è un brano sempre alto e forte che non annoia seppur così lungo.
Il secondo, The Crooked Tree, è leggermente più oscuro, più trascinato. Sembra più "sabbathiano" con rispetto all'altra traccia ma continua con l'idea musicale della band, cioè un intercalare di parti strumentali ed altre cantate e uno sviluppo orizzontale molto coerente. Sicuramente tra le due canzoni questa è la più dinamica.



The Eye è un buon primo passo. Regala ricordi musicali di altri tempi e prestazioni strumentali molto piacevoli. Grazie alle sue due canzoni ricorda il suono e la grazia del primo doom, quando chi lo suonava non sapeva neanche che quella fosse la definizione di quel genere nascente. Gli Stone Ship possono crescere molto ma questa presentazione al grande pubblico ha molte cose pregevoli.

Voto 7,5/10
Stone Ship - The Eye
Feuer Publications
Uscita: 01.12.2016

domenica 27 novembre 2016

Intervista a Seven Impale: i popcorn sono pronti, che lo show abbia inizio!

Intervista a Seven Impale


(Lettere dall'Undergound): Ciao ragazzi! Grazie mille del Vostro tempo rispondendo queste domande. Anzi tutto devo dire che Contrapasso è uno dei miei album favoriti di questo 2016. E’ stato più semplice o più difficile da scrivere comparato con City of the Sun? 

(Seven Impale) Sono veramente felice che ti sia piaciuto e grazie mille per la tua grandiosa recensione! È difficile da dire se è stato più semplice o meno, dipende da quello che intendi per semplice! Abbiamo dedicato più tempo scrivendo e suonando le canzoni di CotS prima di registrarle con rispetto a quelle di Contrapasso, ma i brani di Contrapasso non sono stati semplici da comporre, e, forse, sono un po’ più difficili da suonare.

Contrapasso(LDU) Nella mia review su Contrapasso ho scritto che la vostra musica è come una macchina del tempo impazzita. Cosa vi sembra questa definizione, siete d’accordo? 

(SI) Sì, penso che si possa dire che stiamo dentro ad un pazzo viaggio nel tempo. Siamo sulle spalle dei giganti, tutti i grandi musicisti del presente e del passato, mentre cerchiamo la nostra collocazione in questa giungla attuale di nuove ed interessanti band e suoni. Dunque credo che sia naturale per noi aggiungere sfumature di vecchia musica e, nello stesso tempo, di nuova nel nostro suono. 

(LDU) Contrapasso” è una parola italiana, “City of the Sun” è presente in un libro di un filosofo italiano del 17esimo secolo. E’ qualcosa di casuale o avete un legame particolare con Italia? 

(SI) Entrambi I titoli sono venuti fuori dopo che I dischi erano finite. Per entrambi i dischi abbiamo cercato una parola o una frase che avesse l’intero contesto di ogni album. E’ stato interessante descrivere City of the Sun dalla prospettiva di Civitas Solis di Tomasso Campanella. L’album è perfettamente associabile alla descrizione di un’utopia. Mentre registravamo City of the Sun sapevamo bene che il prossimo passo sarebbe stato molto più oscuro. Il perché abbiamo scelto Contrapasso è una combinazione della parte visiva della parola e delle caratteristiche auditive, ma certamente anche per come è presente nell’Inferno di Dante. Prende la utopica City of Sun per trasformarla in una distopia come potrebbe essere l’inferno. Quello che ci avvicina all’Italia è che Stian sta cercando di diventare un cantante operistico. Ed amiamo il cibo italiano, e Zu, ecc. L’Italia è grandiosa! 

(LDU) In un’altra intervista per spiegare l’origine del Vostro nome, Seven Impale, avete detto che siete abbastanza critici di fronte alle religioni. Cosa pensate sulle religioni? Pensate che molti problemi attuali esistono per via delle religioni?

(SI)Per chiarire, non abbiamo nulla contro le persone religiose, quello che non ci piace è l’indottrinamento e le persone (qualche volta violente) che cercano di imporre le loro idee agli altri. Ci sono molti problemi attuali che sono strettamente legati alla religione, ma è difficile dire se questi problemi sono causati dalle religioni, dalla gente delusa o una combinazione di entrambe le cose. Gran parte di questi problemi, che la gente può considerare problemi religiosi, sono spesso conflitti politici o culturali nei quali la gente mette in primis la religione davanti alle proprie ideologie per giustificare il proprio pensiero. E’ una domanda difficile da rispondere, ma ci ho provato!

Contrapasso


(LDU) La presenza del sax nella vostra musica è realmente interessante perché lo utilizzate in un modo molto avanguardistico. Cosa ne pensate del suo ruolo nella vostra musica? 

(SI) In tutta onestà tutti vediamo il sax come qualsiasi strumento. Ma visto che è uno strumento molto fisico ci sono un sacco di variazioni organiche nel suo suono, oltre al fatto che Benjamin sa sicuramente come farlo suonare in qualsiasi modo, dalla sirena di una nave fino ad uno strumento di percussione, cerchiamo di utilizzarlo in tutta la sua potenzialità. Ma molto spesso è la stessa musica che ci impone come utilizzarlo. Speso abbiamo delle opinioni comuni su quello che suonerebbe bene ma qualche lasciamo che sia Benjamin a calarsi i pantaloni per andare in paese col suo corno da meretrice e soddisfare le sue voglie.

(LDU) Cosa ne pensate della musica attuale? Che gruppi vi piacciono e perché?

(SI) C’è un sacco di musica brillante al giorno d’oggi. In aggiunta possiamo ascoltare tutta la musica che è stata registrata negli ultimi 50 anni! Probabilmente ci sono migliaia di artisti e band attuali brillanti, allora nomineremo soltanto quelli che ci vengono adesso in mente: Aiming for Enrike, Tigran Hamasyan, Amason, Puscifer, Worldservice Project, Amon Tobin and Jaga Jazzist. 

(LDU) La Norvegia è un paese meraviglioso se parliamo di musica. Ci sono un sacco di gruppi che fanno musica incredibile, come Virus o Airbag e tanti altri. Pensate che la geografia abbia qualcosa a che fare con tutto ciò? 

(SI) La gente di tutto il mondo viene da noi a guardare la nostra natura, dunque immagino che possa essere vissuta come una fonte d’ispirazione. La Norvegia come stato ha un sacco di fottute possibilità, sussidia progetti culturali a livello nazionale ed abbiamo un sacco di enti per musicisti come BRAK che ci aiutano sempre guidandoci nel come avere le informazioni e tutto quel che serve per avere devoluzioni di tasse se costruisci i tuoi propri pedali d’effetti. Credo che noi di Seven Impale facciamo lo stesso lavoro di tutti i musicisti prima di noi e della gente che combatte perché la cultura abbia un posto importante nella società, non tanto, dunque, a che fare con la nostra geografia o la nostra posizione in una carta geografica.

(LDU) Quanto vi divertite suonando insieme? 

(SI) Tonnellate e tonnellate di felicissimo divertimento! 

(LDU) Cosa vi aspettate dal futuro? 

(SI) Come disse una volta Nikolai Tesla “Devi vivere per vedere gli orrori fatti dall'uomo che vanno al di là della tua comprensione.” Dunque penso che tutto quello che possiamo fare e tirare fuori i popcorn e goderci lo spettacolo.

(LDU) Grazie mille. Mi auguro di vedervi suonare in Italia molto presto!
(Lettere dall'Undergound) Hi guys! Thank you so much for your time answering my questions. First at all I have to say that Contrapasso is one of my favorites album on this 2016. Do you it was easier or harder to write it compare to City of the Sun? 

(Seven Impale) Really glad you liked it, and thank you so much for a great review! It's hard to say whether it was easier or not, that depends a lot on how you define easy! We spent more time writing and playing the songs on CotS before we recorded it than Contrapasso, but the songs on Contrapasso weren't really easier to come up with, and maybe even a bit harder to perform.



(LDU) On my review about Contrapasso I have say that your music was like a crazy time machine. How do you fell about it, are you agree? 


(SI) Yes, I guess you could say we are on some sort of crazy time bending journey. We stand on the shoulders of giants, all the great musicians of the present and the past, while we try to find our footing in this modern-day jungle of new and interesting bands and sounds. So, I guess it came natural to us to add feelings of old, as well as new music in our sound.



(LDU) Contrapasso” is an Italian word, “City of the Sun” is present on a book from an Italian philosopher of the 17th century. It’s something casual or do you have a particular relation with Italy? 

(SI) Both of the titles came to mind after the albums was finished. For both album it was a search for a describing word or phrase with a context that would suit the whole of the album. It was interesting to describe City of the Sun by the perspective of the Civitas Solis by Tomasso Campanella. The album kind of fitted very well as a description of an utopia. While recording City of the Sun we knew very well that the next step would be a much darker one. Why we ended up with Contrapasso is a combination of the words visual and audtive qualities, but of course also how it is presented in Dante's inferno. It takes the utopian City of the Sun into a dystopia like the inferno would be. When it comes to Italian in general Stian is training to become an opera singer. And we love Italian food ofc. and Zu. etc. Italy is great! 

Contrapasso



(LDU) In another interview explaining the origin of your name, Seven Impale, you have say that you are critical toward religion. What do you think about religion? Do you think that many today’s problems exist because of religions?

(SI) Just to be clear, we don't have anything against religious people at all, what we dislike is indoctrination and people (sometimes violently) trying to impose their own views onto others. There are many problems today that is tightly associated with religion, but it's hard to tell whether the problems are caused by religion, disillusioned people or a combination of the two. Many of these problems, that people might consider religious problems, are often political or cultural issues where people are pushing their religion in front of their ideology to justify their views. It's a hard question to answer well, but this is probably the closest we'll get! 



(LDU) The presence of the sax on your music is really interesting because you use it in a very avant-gardist way. What do you think about their role on your music?



(SI) To be honest I believe we all think about the sax as any other instrument. But since it's such a physical instrument there are a lot of organic variations in its sound plus that Benjamin sure know how to make it sound like everything from a boat horn to a percussion instrument, we try to use it to its fullest potential. But often the music itself pretty much decides how we use it. We often have a collective opinion on what would sound cool but sometimes we let Benjamin take his pants of and go to town on that hoonky horn of a whore and bust a nut of his pleasing.




(LDU) What do you think about today’s music? What bands do you like and why?

(SI) There in a huge amount of brilliant music today. In addition to all that music, we can still listen to all the music that has been recorded the last 50 years! There are probably thousands of brilliant artists and bands today, so we'll just name some off the top of our heads: Aiming for Enrike, Tigran Hamasyan, Amason, Puscifer, Worldservice Project, Amon Tobin and Jaga Jazzist. 



(LDU) Norway is a wonderful town talking about music. There are a lot of bands that made incredible music, like Virus or Airbag and many others. Do you think that the geography has something to do with that?

(SI) People all around the world come to see our nature, so I guess it could have some use as a source of inspiration. Norway as a state however has a lot of funding opportunities, is subsidizing cultural projects nationwide and have great unions for musicians like BRAK who always has helped us and others with guidance on how to and were to get information on anything from tax returns to making your own fx pedals. I think we in seven impale has the works of all other musicians before us and people fighting for culture's place in society to thank, more than our geography and location on a map. 

Contrapasso


(LDU) How much fun do you have playing together? 

(SI) Tons of happy happy fun fun awesome time!


(LDU) What do you expect from the future? 

(SI) As Nikolai Tesla once said "You may live to see man-made horrors beyond your comprehension.” so I guess all we can do is out the popcorn and enjoy the show.



(LDU) Thank you so much. Hope to see you soon playing in Italy!



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venerdì 25 novembre 2016

ROOT - Kärgeräs - Return from Oblivion: un racconto ancestrale

(Recensione di Kärgeräs - Return from Oblivion dei ROOT)


Un concetto molto ricorrente nella musica è quello di accomodarsi, di sfruttare al massimo una formula avvincente senza mai cambiare una virgola. Quest'atteggiamento per me è spregevole perché l'evoluzione deve far parte integrante di quello che si suona. Un po' perché i gusti cambiano con i tempi, un po' perché quello che si racconta muta come muta il mondo.

Kärgeräs - Return From Oblivion


Il disco del quale vi parlo quest'oggi è posizionato a metà strada tra la "tradizione" e l'evoluzione. Si tratta del nuovo lavoro dei ceci ROOT, intitolato Kärgeräs - Return from Oblivion. Questo è l'undicesimo disco della band del carismatico cantante Big Boss e arriva dopo quasi 30 anni di carriera. Era facile perdersi nella tradizione black metal nella quale il gruppo è nato. Invece questo nuovo lavoro dimostra che partendo da quei suoni molto ben conosciuti e masticati si può fare un discorso musicale coerente, nuovo e, soprattutto, molto personale. Infatti non è preciso definire il genere presente in questo lavoro semplicemente come black metal perché ci sono tanti elementi che lo allontanano da quelle sonorità. Partiamo, senz'altro, dalla voce del leader dei ROOT. Niente growl o scream ma uno stile assolutamente particolare di affrontare le linee vocali dotate di grande teatralità. La voce di Big Boss è profonda ed operistica e ha una sfumatura d'ancestrale. Questa è la forza del gruppo e l'elemento che lo dota di un'originalità difficile da ritrovare altrove.

Kärgeräs - Return From Oblivion


Kärgeräs - Return from Oblivion ha quella forte impronta, sa d'ancestrale, di medioevo rurale, di leggende raccontate a voce profonda d'avanti ad un fallò in una notte oscura. E' misterioso e nascosto come era la stregoneria a quell'epoca.
Musicalmente ricorda tanto il suono dei primi gruppi che spaziavano tra il black metal di fine anni 90 e quelli che avevano preso la direzione più dark del heavy metal ancora prima di parlare delle moltitudini di generi che oggi popolano il mondo del metal. Naturalmente il suono di questo disco non è proprio lo stesso di quell'epoca, e questo si ringrazia. La ricerca sonora, soprattutto delle chitarre, è attuale lasciando dietro quelle orribili, e ormai superate, distorsioni anni 80. Ma a dare la vera chiave di svolta, come dicevamo prima, è la voce. E grazie alle sfumature arcaiche di questa che questo disco cresce e cresce e prende una caratteristica che non è da tutti: Diventa un disco senza tempo. Un disco che sembra venire da lontano, lontanissimo ma che, simultaneamente, potrebbe nascere tra 10, 15, 20 anni. Perché certe storie non hanno bisogno di tempo. Esistono e fluttuano nell'aria pronte ad essere raccontate. 

Kärgeräs - Return From Oblivion


 Kärgeräs - Return from Oblivion è un disco demoniaco, spettrale ed oscuro. Ma queste tre caratteristiche si vivono dal punto di vista narrativo ed estetico di un racconto lontano. La voce dei ROOT sembra un sussurro sentito in mezzo ad una foresta di un racconto affascinante che vogliamo ascoltare per intero. E' un disco teatrale che sa di luce tenue, di sguardo profondo, di acquavite distillata a casa. Il suo grande pregio è che si tratta di un lavoro facile, nel senso che riesce ad arrivare senza artifici alla testa dell'ascoltatore. Senza pretese di velleità, senza tecnicismi, senza esagerazioni. E' una fiaba oscura che può piacere o meno ma che si fa raccontare fino alla fine perché incuriosisce e perché è semplice seguirla.

ROOT


Arrivo ai consigli d'ascolto e, come faccio spesso, ho individuato tre tracce che permettono di capire bene la dimensione del disco.
La prima è la traccia d'apertura e primo estratto di questo lavoro. Si chiama Life of Demon e sin da subito ci dimostra la peculiarità della voce di Big Boss. Una voce che potrebbe sembrare un canto gregoriano oscurissimo, indemoniato. Strumentalmente questo brano e diretto, effettivo e di grande effetto. Entra in testa e non esce per un bel po'.
La seconda traccia che sottopongo alla vostra attenzione è Momento of Hope. E' questo il "momento" non solo di speranza ma anche di tranquillità e di intimità del disco. E' una ballata oscura che tranquillamente potrebbe essere una canzone ancestrale. Si compone di chitarra acustica e di una serie di voci teatrali che accompagnano quella principale: una voce pulita, profonda e sentita.
Per finire vi segnalo New Empire. Il sound strumentale è interessante perché pesca molte caratteristiche del metal degli ultimi 30 anni. C'è spazio per i diversi registri vocali che giocano con i tempi come un attore gioca col copione di un'opera teatrale. E' nostalgica ma originale.



Kärgeräs - Return from Oblivion è un disco molto particolare. Lo è perché potrebbe sembrare un lavoro troppo circoscritto ad un passato musicale che, almeno per me, è completamente superato, ma si svela essere un'opera senza tempo che ha una grande coerenza tra il suo racconto, la forza della voce, in termini interpretativi, e la parte strumentale. E' un disco che si fa ascoltare senza problemi, che regala spunti interessanti proprio nel momento che sembra essere troppo simile a tante cose già scritte. Intendiamoci, non si tratta di un disco avanguardista che regala spunti utili per la nascita di nuovi discorsi musicali ma non ha neanche la pretesa di esserlo. E' onesto come un romanzo gotico ed ha come scopo essere ascoltato con cura così come si sfogliano le pagine di quel romanzo con la voglia di sapere cosa succede dopo. Grazie a questo disco i ROOT vi faranno passare un'oretta divertente.

Voto 8,5/10
ROOT -  Kärgeräs - Return from Oblivion
Agonia Records
Uscita 25.11.2016

mercoledì 23 novembre 2016

CHROMB! - 1000: essere adulti emotivi e bambini selvaggi allo stesso tempo

(Recensione di 1000 dei CHROMB!)


L'originalità è un fiore più raro che unico. Spesso si tende a confonderla con il coraggio ma non necessariamente sono cose che vanno mano nella mano. L'originalità diventa sempre più difficile perché più passa il tempo e più ci sembra che tutto sia stato inventato.

Quest'oggi, ancora una volta, il mio viaggio musicale mi porta in Francia, paese che si dimostra culla di progetti musicali pregevolissimi. Il turno è di una band chiamata CHROMB! e del loro nuovo disco intitolato semplicemente 1000. Questo viaggio è affascinante perché la musica di questa band si tinge di quell'avanguardia intelligente e ricercata alla quale ci hanno abituato artisti come i King Crimson, John Zorn, i Soft Machine e, aggiunta mia, i Time of Orchids. Tutti collegati dalla drastica voglia d'innovare senza rinunciare ad un aspetto essenziale, quello della piena libertà creativa. 1000 è un disco notevole che spazia tra la sperimentazione, l'ironia, l'energia del rock e la creazione di paesaggi sonori interessanti. I quattro componenti dei CHROMB! lo fanno senza avere l'ausilio di chitarre ma basando le loro creazioni ad un formatto basso-batteria-sax-tastiere sulla quale adagiano delle voci giocherellanti che non hanno problemi a cantare sia in francese che in inglese. 

1000


Sia il formatto della band che la libertà strutturale delle proprie creazioni avvicinano i CHROMB! all'immaginario jazz ma è assolutamente riduttivo limitarli a quella definizione. Nella loro musica sono presenti un'infinità di sotto generi quali il post jazz, il post rock, il progressive, il noise ed il rock in opposition. La cosa bella è che non ci sono forzature, ed il modo nel quale la band riesce ad inserire ognuno di questi paesaggi sonori diventa un discorso di sostanza e qualità. 1000 è un disco che per certi versi ricorda certi elementi dei King Crimson anni 80 ma la distanza di 30 anni si sente e il tutto viene arricchito con elementi nati negli ultimi anni. Si crea, dunque, un discorso sonoro che unisce la band con tanti mostri sacri del passato per quanto riguarda l'intenzione musicale ma che aggiunge nuovi elementi specchio di un'evoluzione musicale che non si ferma. 
L'altro aspetto interessante del lavoro di questa band sta nell'utilizzo degli strumenti, che non vengono mai circoscritti ad uno specifico ruolo ma che trovano lo spazio per dire la loro, per dialogare, per completarsi e per regalare importanti spunti.

Se c'è qualcosa che traspare da questo disco è il divertimento. Si capisce che i quattro componenti dei CHROMB! si divertono quando suonano e che la loro musica nasce in mezzo a quella specie di "rito". Come scrivono loro stessi nella loro biografia la loro musica è destinata ad adulti emotivi e bambini selvaggi. Direi di più, l'impressione è che loro stessi siano, simultaneamente degli adulti emotivi e dei bambini selvaggi. Dunque quella voglia di divertimento sfrenato incontra l'emotività e la voglia di raccontare qualcosa che arrivi alla testa ed al cuore di chi ascolta. Il risultato è sorprendente e bellissimo perché dentro a quei "deliri musicali" ci sono delle parti toccanti che si addentrano in ognuno di noi.

1000


Come al solito consiglio qualche traccia che, forse, può essere più indicativa del lavoro della band. Scelgo tre canzoni che fanno capire parte delle anime che convivono in questo 1000.
La prima è la traccia d'apertura del disco, Des Francis en Quinconce. Brano giocoso come pochi. Quasi circense e trascinante grazie ad una linea di basso in pieno stile Tony Levin. E' il delirio del divertimento, è il significato del concetto free.
Il secondo brano che vi segnalo è Favrice. E' una canzone strumentale e potrebbe perfettamente rappresentare la parte più progressive della band. E' la classica canzone che porterebbe il pubblico a muoversi senza sosta e senza possibilità di fermarsi, perché è trascinante, dinamica, divertente e concreta. 
Ultimo brano da indicarvi è Bonjoure. Anche in questo caso siamo di fronte ad una canzone strumentale che parte come una creazione che tranquillamente potrebbe appartenere alla new wave o al noise. E' una delle canzoni dove si può apprezzare la capacità di costruire dei scenari sonori pieni di sfumature, giocando anche con le opposizioni, col rumore e con le melodie ricercate.



1000 dei CHROMB! non è un disco per tutti, quello è indubbio, ma è un lavoro che sazia completamente la fame di chi ama la sperimentazione suonata con cognizione di causa. E' un lavoro pieno di qualità che dimostra che i musicisti dietro a questo progetto sanno perfettamente fare il proprio lavoro. Ma la qualità principale che salta alla vista è quella della coesione della band, figlia della voglia di divertirsi esplorando terreni illimitati. Un bellissimo disco.

Voto 9/10
CHROMB! - 1000
Atypeek Music
Uscita 03.10.2016


lunedì 21 novembre 2016

Anarchist Republic of Bzzz - United Diktatürs of Europe: benvenuti all'anarchico mondo di Bzzz

(Recensione di United Diktatürs of Europe dei Anarchist Republic of Bzzz)


Una delle maggiori capacità dell'arte, a prescindere della disciplina concreta, è quella di costruire dei mondi immaginari paralleli alla realtà. Questi mondi sono complessi e, spesso, molto più belli di quello che viviamo. Per quello, nei secoli dei secoli, opere che dipingono questi mondi sono sempre state celebrate, seguite, ammirate. E' bello sognare e l'arte ci da una mano a farlo.

Questo è il mondo dei Anarchist Republic of Bzzz. Un mondo che non ha niente a che fare con quello attuale. Un mondo che si dipinge con i colori della pop art e che, grazie alle sostanze lisergiche che circolavano all'epoca, toglie la grave serietà di tanti personaggi chiavi al mondo. In questa fantomatica repubblica tutto è sgargiante, psichedelico e contaminato. Non ci sono gerarchie ma responsabilità ed i componenti di questa band sono "obbligati" a svolgere il proprio compito prendendo l'immaginario di qualsiasi dettatura di qualsiasi repubblica bananiera ma con un unico scopo: far divertire ed ironizzare sul mondo ed i suoi leder. Logicamente in quest'ottica l'Europa attuale prende delle sfumature che la fanno diventare questo United Diktatürs of Europe. Un ente regolato da dinamiche burocratiche che diventano il vero tirano della sua popolazione.

Kiki Picasso


Che musica poteva avere un mondo immaginario come questo? La risposta è abbastanza chiara, dev'essere una musica che parte dalla base, dal popolo. Non solo, deve anche essere un mix di elementi che rappresentino i cittadini ideali di questa nazione. Concretamente questo United Diktatürs of Europe prende spunto dall'anarchia relativa del jazz per poi tingersi da hip hop, da folk islamico e da rock estremamente sperimentale. Insomma, l'anarchia fatta musica. Le 8 tracce che compongono questo secondo LP dei Anarchist Republic of Bzzz non rispondono a strutture prestabilite e non si basano su cose già sentite. Sono pezzi ostici, quasi slegati che attirano ed allontanano simultaneamente l'ascoltatore. Sono piene di manipolazioni sonore che "sporcano" ancora di più il risultato di quello che si ascolta. Sono prevalenti i cantati in stile hip hop che lasciano qualche spazio agli interventi femminili che profumano di Magreb. Un'altro elemento ricorrente sono le percussioni che profumano, anche queste qua, d'oriente. Su questi punti relativamente fermi si costruisce il resto del discorso musicale della band che usa le chitarre elettriche ed acustiche come degli elementi che ci sono e che non ci sono, che sporcano e suonano quando e come vogliono, un po' incuranti del resto. Bisogna poi aggiungere un'infinità di suoni, analogici e digitali che entrano in gioco con interventi molto puntuali.

United Diktatürs of Europe non è affatto un disco semplice. E' un lavoro che mette insieme una serie di elementi che sembrano completamente sconnessi perché l'ideale chiara è quella di ricreare tutto un altro mondo che non risponde a certe regole. Per quello è facile immaginare che il processo di composizione di questo album abbia lasciato carta bianca ai propri musicisti che rispondevano ai propri impulsi su quando e come suonare. Gli Anarchist Republic of Bzzz basano la loro forza su quella libertà artistica infinita.


Anarchist Republic of Bzzz


Il consiglio d'ascolto va a Dark Mirrors , brano che più che altri permette di ascoltare quella contaminazione islam-hip hop sulla quale vengono aggiunte tante altre cose senza rispettare una struttura predefinita.
Aggiungiamo pure Scream, brano che chiude questo disco e che è il più lungo. E' una canzone che parte con un linea di chitarra acustica molto acida sulla quale si aggiunge un canto quasi stonato per poi andare incontro al discorso musicale normale della band. La svolta sta nel finale dove una chitarra elettrica assolutamente noise prende il protagonismo lasciandosi andare in lungo, sporco e psichedelico assolo.



United Diktatürs of Europe è un disco che ricrea questo mondo inesistente chiamato Anarchist Republic of Bzzz. Lo fa con assoluta libertà mettendo insieme dei singoli elementi che difficilmente potrebbero essere uniti nel modo che la band li unisce. E' un disco sarcastico e dissacrante, pieno di colori, come il suo art work, che in realtà nascondono molto di più. Può piacere o meno. Io, personalmente, una vacanza lì me la farei. 

Voto 7,5/10
Anarchist Republic of Bzzz - United Diktatürs of Europe
Bzzz Records
Uscita 25.11.2016


venerdì 18 novembre 2016

öOoOoOoOoOo - Samen: quando l'arte contemporanea diventa musica

(Recensione di Samen dei öOoOoOoOoOo)


L'attesa può essere qualcosa di orribile o di fantastico. Quando l'attesa si traduce nel "perdere tempo" prima di dover fare qualcosa che spesso non è neanche piacevole, siamo di fronte ad una delle peggiori cose della vita. La nostra vita è piena di quelle attese. Ma c'è l'altra. L'attesa di qualcosa di bello che non si vede l'ora che accada. Come la ricongiunzione con qualcuno che vogliamo bene, come l'uscita di un disco, come un concerto lungamente atteso o come la realizzazione di qualcosa di proprio, un'opera che finalmente prende forma e sostanza e diventa reale.

In tutta onestà devo dire che l'uscita di Samen, debutto discografico dei francesi öOoOoOoOoOo, nome impronunciabile che la stessa band cambia a Chenille (ma che, per espressa volontà della band, dovrebbe essere tradotta in ogni lingua, e dunque in italiano diventerebbe ciniglia), mi era sfuggito. E' un peccato perché da quando Asphodel, cantante stravagante della band, aveva annunciato la fine della sua partecipazione nei Pin-up Went Down aggiungendo successivamente l'inizio dell'avventura chiamata öOoOoOoOoOo, definendola come allontanamento dalle sonorità metal della sua ex-band la mia curiosità era molto grande. Curiosità che è cresciuta ascoltando piccoli estratti dei primi demo registrati. Finalmente ho colmato la mia curiosità e l'attesa non solo è valsa la pena ma è diventata sorprendente, e come capita con le cose belle, superiore alle aspettative. 

Chenille


Samen è, a tutti gli effetti, un disco multidisciplinare che bisogna vivere come una mostra d'arte contemporaneo. Il booklet che accompagna il disco è ricco di fotografie artistiche che si basano sempre sulla nudità e di testi che accompagnano ogni scatto dando una nuova dimensione ad ogni canzone. Infatti ogni canzone sembra essere una traduzione artistica di concetti esistenziali e sociali che non sono altro che il riflesso della vita nei nostri giorni.
Ma passiamo alla parte musicale. Gli öOoOoOoOoOo si presentano come nuovi esponenti di quella stranissima, complessa e geniale corrente del metal chiamata metal d'avanguardia. La cosa interessante è che esiste una grandissima coerenza nell'insieme chiamato Samen. Ogni singolo brano è un'opera indipendente che fa parte di questa mostra artistica ma, nello stesso tempo, apprezzare l'insieme fa capire l'intenzione artistica della band. Non solo, la spazialità necessaria per tradurre in musica quello che s'intende comunicare fa sì che la band francese traduca i propri brani in un'infinità di generi, di formati di veri e propri giochi sonori. E' circense, è incazzata, è infantile, è profonda, è atmosferica, è aggressiva, è toccante, è nostalgica, è moderna. Così è la musica degli öOoOoOoOoOo. E la cosa più sorprendente è che lo è all'interno degli stessi brani. L'ascolto di questo disco è una permanente sorpresa, non si sa mai cosa ci sarà nell'attimo successivo di quello che stiamo ascoltando. 
Sicuramente se avete letto tutto fino a qua continuerete a non aver idea di come suona questo Samen. Cerco di fare dei paragoni musicali che facilitino la comprensione. Come "forma" dobbiamo pensare ai Mr. Bungle. A quella loro pazzia musicale che si distoglie da qualsiasi struttura preimpostata. Pure gli öOoOoOoOoOo sono così. Per loro non esiste una via "unica e logica". Un'altro paragone utile è quello vocale. Se il grande Mike Patton, è proprietario di una vastità quasi infinita di registri vocali con i quali gioca, Asphodel non è di meno, anzi, regala ancora più sfumature. La sua voce è pop, black metal, lirica, rap, infantile, rock, epica e pazzia pura. Un caleidoscopio infinito. Musicalmente, lavoro affidato ad un altro personaggio geniale, Baptiste Bertrand, il disco si tinge dalle stesse caratteristiche della voce. Si passa dal pop, al bossa nova, alla dance anni 70, al metal estremo, all'elettronica stile trip hop, al post rock, al dark ambient, al rock latino, al progressive metal come se ci fosse una coerenza logica. Occhio, però, perché indubbiamente Samen è un disco metal, è quella la sua impronta principale irrinunciabile.

öOoOoOoOoOo - Samen


La meraviglia di questo disco è che, contrariamente con quello che succede con tanti dischi d'avantgarde metal, non si tratta affatto di un lavoro ostico destinato all'ascolto di poche menti attente. Al contrario, questo ventaglio di generi lo rende un lavoro che, almeno parzialmente, può trovare consensi da tanti parti. Samen si nutre della cultura pop degli ultimi quattro decenni e la usa come veicolo del suo messaggio artistico. E' un collage di piccole porzioni che formano un insieme geniale ed indimenticabile. 

E' ancora più difficile del solito consigliare poche tracce, perché farlo sarebbe come privare la passeggiata all'interno di questa galleria d'arte sonora. Ci provo lo stesso.
No Guts = No Masters regala molte caratteristiche che vi ho delineato in questa recensione. Se ci limitiamo al ritornello potrebbe sembrare una canzone rock ma tutto quello che viene prima e dopo fa capire che non è così. Asphodel usa circa sei registri diversi che accompagnano la musica in un viaggio che attraversa un'infinità di paesaggi sonori. Il tutto in solo 3 minuti e 36 secondi.
Purple Taste Like White è invece uno dei brani più "normali". Forse il momento più intimo del disco. E' una specie di ballata costruita su una base che ricorda fortemente il post rock. Un momento musicale bellissimo.
Per darvi un'idea della dimensione di questo lavoro se ascoltate Well-oiled Machine quello che scoprirete è un brano dance anni 70 che ricorda Barry White ma attenzione a non cadere nella trappola, qua si toccano le vette più alte del sarcasmo che la band mette in gioco.
Ultima segnalazione. Fumigène è un brano che si traveste di trip hop, stile Björk, per poi prendere tutta un'altra direzione a dimostrazione dell'abilità degli öOoOoOoOoOo ad incollare elementi sonori distanti con una coerenza unica.



Samen è, senz'altro, uno dei migliori dischi di questo 2016. Lo è perché è pieno di abbondanza senza mai stufare, perché è un puzzle affascinante che non svela la sua immagine fino a che non si è incastrato l'ultimo pezzo. E' arte contemporaneo ma non è un cane che si morde la coda, non è una mostra che provoca più disgusto che piacere. No, è una fotografia fedele di quello che è questo mondo globalizzato e così conflitto da sembrare contemporaneamente così avanti tecnologicamente e così arretrato socialmente. L'attesa è valsa la pena. Benvenuti öOoOoOoOoOo.

Voto 9,5/10
öOoOoOoOoOo - Samen
Apathia Records
Uscita 21.10.2016